Prima di dire (scrivere) qualsiasi cosa, una premessa è doverosa: Kasia Smutniak è una di quelle donne che hanno il raro e invidiatissimo dono di stare bene vestite in qualsiasi modo, anzi di essere quasi ancora più belle e sensuali con look poco studiati – per non dire affatto – e un filo di trucco. Tuttavia, o a maggior ragione, nella sua ultima uscita pubblica con il compagno Domenico Procacci, l’attrice ha esagerato nello stile casual(e), finendo con il trasformarsi in una parodia. Anche se di cosa (ancora) non si è capito bene.
Il delitto è stato consumato lo scorso weekend da Eataly, a Roma, in occasione di una serata organizzata dalla Fandango. Kasia infatti ha scelto di partecipare all’evento dopo aver dedicato l’intera giornata alla prova costumi di un qualche spettacolo di cabaret, dimenticando di togliersi tutti i vestiti misurati: diversamente infatti non si spiegherebbe l’accozzaglia di materiali, volumi, colori e stampe con il quale è stata vista girare oziosamente tra gli stand del punto vendita dedicato ai presidi Slow Food.
Provando – faticosamente – a fare un punto della situazione, l’attrice indossava una gonna gipsy lunga fino a metà polpaccio, svasata, in tessuto lucido a stampa psichedelica e dai colori accesi, una camicetta dalla fantasia non meglio precisata (forse fiori?) di tonalità scura, un maglione scollo a ‘V’ grigio melange di lana grezza (dall’aria vagamente infeltrita) e un gilet-cappa-mantella con disegni etnici/tribali bianco/nero/oro. Il tutto accompagnato da un paio di calze grigie di filo da uomo portate abbassate sulla caviglia, un paio di sandali open toe neri con davanti intrecciato e una borsa da Mary Poppins. Un insieme da mal di mare, tanto più perché almeno quattro pezzi – la gonna, il gilet-cappa-mantella, le scarpe e la bag – sono di quelli che da soli bastano (e avanzano) a caratterizzare lo stile di un look.
La domanda allora è: perché? Perché una simile delirante scelta di accostamenti? Voluta? Capitata? Qualunque sia la risposta, una cosa è certa: mai più Kasia, per favore.
Foto by LaPresse/Mario Cartelli