“Bruttezza” non è una di quelle parole che si associa al mondo della moda, eppure Miuccia Prada ha confessato di ispirarsi ad essa per creare le sue collezioni. A guardarle non si direbbe ma, a quanto pare, prendere come riferimento le imperfezioni per trarne poi qualcosa di assolutamente positivo, sembra essere stato il segreto di una delle creative di moda più apprezzate al mondo. A dichiararlo è stata lei stessa durante un’intervista rilascia al Telegraphe’s Stella Magazine, in uscita la prossima settimana in versione integrale.
Dopo aver rilevato nel 1978 la piccola azienda fondata dal nonno Mario Prada, Miuccia l’ha portata a conquistare un successo planetario. Ma poprio a proposito dei suoi esordi la stilista ha dichiarato: “Quando ho iniziato, la moda era il posto peggiore in cui potevi trovarti se eri una femminista di sinistra. E’ spaventoso, ho sempre avuto problemi con tutto questo. Probabilmente mi sentivo in colpa per il fatto di non fare qualcosa di più importante, di più politico e, in un certo senso, cercare di usare l’azienda per altre attività”.
A proposito della sua fonte di ispirazione ha poi affermato: “La bruttezza è attraente ed eccitante. La ricerca della bruttezza, per me, è molto più interessante dell’idea borghese della bellezza”. La ragione per Miuccia è molto semplice: la bruttezza è umana, reale e mostra il lato peggiore e “sporco” della gente. “Dire tutto questo sembra uno scandalo perché parliamo di moda – conclude – ma in altri campi dell’arte è qualcosa di estremamente comune”.
In effetti, come fa notare lei stessa, nel mondo dell’arte non è raro che il tema venga affrontato senza tabù, basti pensare ai film o ai quadri che rappresentano imperfezioni o crudeltà esplorando e analizzando la questione senza timore. Per la moda però questo non succede e la “bruttezza” viene schivata come la peggiore delle malattie. C’è posto solo per la prefezione, l’eleganza e tutto ciò che è “gradevole agli occhi”. Soltanto Miuccia Prada, e pochissimi altri coraggiosi come lei, si sono avventurati nel campo inesplorato del “trash” (come lei stessa lo ha definito) traendo da esso ispirazione e facendo dell’imperfezione un punto di forza oltre che un tratto distintivo del brand, il cui valore oggi si aggira attorno ai 3 miliardi e mezzo di euro.
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