Chiara Boni, La Petite Robe: “La mia passione è la femminilità”

Una stilista innamorata della femminilità. Un tessuto speciale che si butta in lavatrice e non ha bisogno di essere stirato. Abiti raffinati e accessibili che vestono in maniera sartoriale. E Oprah Winfrey, la regina dei talk show americani, che sguinzaglia i suoi collaboratori per sapere chi li disegna. La storia di Chiara Boni de La Petite Robe è questo e molto altro. E noi le abbiamo chiesto di raccontarcela.

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Chiara, la sua è una storia di moda bellissima, che andrebbe raccontata piano piano dall’inizio, ma noi scegliamo di partire dal fondo e dalla splendida sfilata di La Petite Robe a Pitti W: come mai ha deciso di tornare in passerella dopo 12 anni?
Perché il nostro è un prodotto piccolo e portarlo in passerella era una sfida. Abbiamo fatto sfilare un solo tessuto, con tre pesi diversi. Era una sfida, sì, e a me le sfide piacciono. E poi dopo un po’ di anni ho pensato che interessasse. In più abbiamo sfilato nella mia città, Firenze, ed è stato molto importante: una specie di ritorno a casa. Una casa molto calda e confortevole.

Lei ha sfilato a Pitti W, all’interno di Pitti Uomo, il cui tema quest’anno era il rock: le sue creazioni in che modo sono rock?
Perché sono un prodotto flessibile, facile da usare: è questo è rock. Però la mia passione è la femminilità, la dolcezza, un certo tipo di romanticismo. Un côté femminile. La mia fonte di ispirazione sono le donne: voglio renderle più belle.

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Nella collezione abbiamo visto alcune novità…
Sì, c’erano delle calzature. Le abbiamo realizzate in tessuti elastici con NR Rapisardi, un’azienda fiorentina. Il concetto era di farle del mio tessuto, creando un abbinamento scarpe/vestito, come si usava una volta. E’ una mini collezione e comprende stivali elasticizzati alti e bassi e décolleté con e senza fiocco, in tantissimi colori. I vestiti che abbiamo portato in passerella, invece, sono tutti modelli preesistenti, rinforzati da quadruplatura: è una lavorazione che dona una consistenza molto particolare, per cui si può parlare di una capsule couture.

A proposito di tessuto, il suo marchio di fabbrica è la lycra: perché?
In tal senso vorrei fare una precisazione: la lycra non è un tessuto, ma una fibra, un elastomero, che si infila nei tessuti e li rende elastici. Io cerco da sempre la flessibilità e unisco la flessibilità e il prêt-à-porter per vestire in maniera sartoriale. Il tessuto che utilizzo è jersey con il 28% di elastomero (quando di solito si usano quantità inferiori al 10%), che mi permette per esempio di fare maniche molto strette. Pensate che a Firenze abbiamo dovuto fare solo tre correzioni, mentre in una sfilata di norma ne occorrono decisamente molte di più.

Che cosa comporta utilizzarlo a livello creativo/stilistico?

Utilizzare questo tessuto elasticizzato consente di creare in una spesa accessibile un prodotto raffinato. Per esempio l’orlo tagliato a vivo riduce i costi.

Abbiamo ammirato la sua capacità di guardare avanti e rinnovarsi senza dimenticare la tradizione: pensa che sia questo il segreto del suo successo?

Sì, in parte. Offriamo abiti belli, eleganti, multiuso (da indossare dalla mattina alla sera, cambiando qualche accessorio), che si possono schiacciare e non stirare.

Un aneddoto che abbiamo letto e che ci ha colpito molto è stato di come Oprah Winfrey abbia sguinzagliato i suoi collaboratori per trovarla e infine abbia acquistato diversi abiti e posato con uno sulla cover del suo magazine: ci racconta com’è stato lavorare con lei?

E’ stata una grande sorpresa, molto bella. Oprah ha visto il vestito addosso a una sua collaboratrice, si è innamorata del prodotto, ci ha cercato ed è venuta da noi. Ha scelto 9 vestiti e naturalmente li ha voluti pagare. Poi uno l’ha indossato sulla copertina del suo magazine. Adesso speriamo di averne un’altra, perché ne ha ordinati altri… Anche alla prima del suo film, The Butler, si è presentata con un nostro abito.

Restando in tema, lei è amatissima dalle donne americane…

Sì, per esempio c’è Mary Jane Blige, che indossa i nostri abiti e poi mette le foto su Twitter e noi ci ritroviamo con 40 mila like in pochi minuti…

Siete molto attivi tra l’altro sui social, avete creato una bella comunità.
E’ molto importante condividere la verità, non una finzione. E’ stato mio figlio a darmi il ‘la’: “Mamma, se non riesci a lavorare su Facebook non sei nessuno“, mi ha detto. Era una sfida, un’altra, e io ho imparato. Il contatto è importantissmo: bisogna essere vicini davvero al cliente.

I suoi abiti sono pensati per stare bene sia a chi è magra che a chi è più formosa: tuttavia lei consiglia dei modelli in particolare per l’uno e l’altro tipo di donna?
In realtà dipende dal peso, ma anche dalla conformazione fisica. Noi vestiamo bene le donne formose, latine, che hanno seno e sedere importanti e il punto vita segnato. In questo caso consiglio vestiti scollati, perché diversamente sembra che il seno sia ancora più grosso.

Un’ultima domanda: dopo il grande successo di Pitti W, quali sono i prossimi progetti?
Il mio socio vuole puntare sul Far East, ma sinceramente non so cosa faremo. Stiamo pensando a tante cose su cui investire, anche in maniera piccola. Anche un monomarca… Vedremo.

Foto by Ufficio Stampa

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