La notizia è di quelle che fanno boccheggiare: l’iconico marchio di alta moda Gianfranco Ferré si avvia verso la chiusura. Ad annunciare la (molto) probabile fine di una delle griffe che hanno fatto la storia del Made in Italy nel Belpaese e nel mondo Paris Group, la società di Dubai che nel 2011 ha rilevato l’azienda dal gruppo molisano It Holding.
GIANFRANCO FERRE’: UNA MOSTRA RENDE OMAGGIO ALLO STILISTA E ALLA SUA CAMICIA BIANCA
Una vera e propria doccia gelata, confermata dalle parole di Roberto Guarinoni della segreteria Filctem-Cgil di Bologna a Fashion United: “L’azienda ci ha detto ufficialmente che intende disinvestire completamente in Italia, che l’attività per quanto li riguarda è cessata e che manterranno solamente il rapporto con le licenze che hanno già da tempo“. “Non li vediamo come interlocutori per una possibile salvezza“, ha spiegato ancora Guarinoni, concludendo: “Ci hanno risposto che potranno anche valutare l’ipotesi di cessione del brand in futuro, ma oggi mancano i presupposti“.
Dichiarazioni che suonano come una campana a morto e che significano non solo una tragedia umana per tutti i lavoratori del Gruppo, pericolosamente prossimi a essere lasciati a casa, ma anche una gravissima perdita per il patrimonio storico, culturale, sartoriale e artigianale dell’Italia. Davvero un paradosso, dal momento che proprio pochi giorni fa il mito di Gianfranco Ferré è stato celebrato a Prato con l’inaugurazione di una mostra dedicata al suo capo icona: la camicia bianca.
E tuttavia, i segnali che Paris Group fosse prossima a disinvestire completamente nel progetto c’erano ed erano pure ben evidenti: la vendita della storica sede di Via Pontaccio al marchio napoletano Kiton, la chiusura della boutique di Via Sant’Andrea a Milano, il benservito ai direttori creativi della maison, Stefano Citron e Federico Piaggi, e infine l’annuncio che Gianfranco Ferré non avrebbe sfilato a Milano Moda Donna 2014 (iniziata proprio oggi) erano troppi indizi tutti in fila per essere ignorati.
Tant’è, la situazione è degenerata. Difficile ora fare previsioni sul futuro, ma se davvero la storia della casa di moda italiana fondata dallo stilista di Legnano nel 1978 dovesse finire così, sarebbe una perdita enorme non solo per il Made in Italy, ma per la moda tutta.
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