Fare la modella è il sogno di tantissime ragazze, ma spesso, per quella sottile e beffarda ironia tipica della sorte, capita che a diventarlo sia chi non ci pensa affatto. Come nel caso di Sveva Alviti: iscritta per gioco dalla sorella a un concorso e nel giro di poche settimane sradicata dalla sua casa, dalla sicurezza della famiglia e dalla spensieratezza degli amici, e catapultata a New York. Una sfida vissuta da sola, a 17 anni e mezzo, tra paura, nostalgia, difficoltà di ambientamento, ma vinta. Vinta alla grande. Oggi infatti Sveva ha alle spalle una carriera di successo nella moda e davanti a sè una strada tutta nuova di attrice. Perché a un certo punto i set fotografici, le passerelle, la frenesia, quel mondo sfavillante ma anche fuggevole e feroce non ti basta più e “hai bisogno di trovare qualcosa che ti riempia“. E così, da un corso di recitazione ecco la svolta. E una nuova sfida. Senza dimenticare il passato – “la moda fa parte della mia vita, ci sono cresciuta e non potrei mai lasciarla perché la amo” – ma con una nuova consapevolezza. Una bella storia, che Sveva ci ha raccontato con naturalezza, alternando risate, ricordi, momenti di riflessione.
Ciao Sveva! Tu oggi hai intrapreso la carriera di attrice, ma nasci come modella: ci racconti come hai iniziato?
E’ stato per caso. Mia sorella mi ha iscritto a Elite Model Look Italia e io ho iniziato a fare le selezioni nazionali. Però giocavo a tennis, ero una sportiva e proprio non ci pensavo alla moda. E invece ho passato tutte le fasi e sono arrivata in finale: non ho vinto, mi sono classificata seconda, ma una settimana dopo sono stata chiamata da una delle agenzie più importanti che ci sono a New York e… sono partita per la Grande Mela a 17 anni e mezzo!
Com’è stato trasferirti in America? Sei andata da sola?
Sono andata da sola ed è stato traumatizzante da un punto di vista emotivo. Perché non ero pronta per andare a vivere in una città del genere, che è molto caotica, grande, dispersiva. E anche il mondo della moda è difficile da gestire. I primi mesi sono stati durissimi, perché non parlavo neppure bene l’inglese e comunicare era complicato, però piano piano mi sono integrata e ho fatto un sacco di amicizie. Devo dire che mi ha aiutata anche il fatto di essere stata subito impegnata in una campagna molto importante: ho iniziato a lavorare e mi sono distratta dal pensiero che volevo rimanere a Roma con i miei amici (ride, ndr)!
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Tra l’altro hai collaborato anche con Terry Richardson, finito nell’occhio del ciclone per delle accuse di molestie da parte di alcune modelle: tu ti sei mai trovata in situazioni così?
Io credo che dappertutto ci possano essere persone, uomini e donne, che ‘usano’ il loro corpo per raggiungere un risultato – una parte in un film, una promozione sul lavoro – e anche il contrario, ovvero persone che ‘ci provano’, che cercano di avere il tuo corpo. Però dipende da come ti poni. Io sono sempre stata una ragazza molto semplice, molto solare, ma anche molto naturale nei miei atteggiamenti e quindi non ho mai avuto problemi, neanche con Terry, che è di sicuro un fotografo chiacchierato. Certo, ci sono state persone che ‘ci hanno provato’ con me, ma né più né meno di quando andavo a scuola o all’università. Non mi sono mai trovata in situazioni spiacevoli.
Ma secondo te è un lavoro che espone a dei rischi di questo tipo?
Dipende anche dal tipo di servizio. Un conto è se fai una campagna, un altro se fai un editoriale, magari per un giornale come può essere Vogue Francia. Nel primo caso sono i vestiti la cosa più importante, nel secondo invece l’immagine sensuale della donna viene maggiormente accentuata. Io con Terry ho lavorato per la campagna di Costume National: c’erano Ennio Capasa e il suo staff e non ho avuto nessun tipo di esperienza traumatizzante, tenevano loro a bada il sangue di Terry (ride, ndr). Comunque è risaputo che lui ha fatto la sua fortuna scattando campagne molto forti, sensuali, che parlano di sesso. Fa parte della moda.
Durante la tua carriera sei diventata la musa di Virginia Von Zu Furstemberg in una serie di progetti che uniscono moda, teatro, cinema e poesia: ce ne parli?
Sì, ci siamo conosciute per caso a un provino a Milano per un suo spettacolo teatrale ai Filodrammatici: il ruolo consisteva nell’interpretare delle sue poesie, perché lei oltre a essere una bravissima stilista è anche una bravissima scrittrice. Virginia usa l’arte come valvola di sfogo per se stessa e la prima volta che ho letto le sue poesie – sul rapporto che c’è tra la donna, lo specchio e la sua immagine riflessa – mi sono commossa. C’è stata subito una fortissima empatia, abbiamo iniziato a parlare e lei mi ha scritturata per il progetto. Da lì siamo diventate molto amiche e ho continuato a collaborare con lei anche ad altri suoi lavori, tra cui il cortometraggio Borderline, che adesso parteciperà a dei festival. Sono tutte opere che parlano della dismorfofobia, una malattia che ti impedisce di riconoscerti allo specchio e che può portare all’anoressia e alla bulimia.
E’ stato questo progetto a farti svoltare verso la recitazione?
In realtà è successo prima, in America. Quando giri tanto il mondo per lavoro, hai bisogno di trovare qualcosa che ti riempia. Perlomeno, per me è così. Avevo bisogno di qualcosa che mi facesse crescere da un punto di vista umano e allora, dietro suggerimento di Jennifer Missoni, sono andata a fare un corso di recitazione alla Black Nexxus, con Susan Batson, che è la coach di Nicole Kidman. Ho partecipato a una classe e mi sono innamorata della recitazione da un punto di vista umano. Secondo me il lavoro dell’attore è questo: la ricerca continua sia di se stesso che dei personaggi che deve interpretare.
Quindi ora ti dedichi solo alla recitazione?
No, no, continuo a lavorare nella moda e poi a New York ho una mia linea di vestiti, Sis NewYork, che curo con mia sorella, che è una stylist internazionale. La moda fa parte della mia vita, ci sono cresciuta e non potrei mai lasciarla perché la amo.
Ci racconti qualcosa di più di questa tua attività?
In pratica io e mia sorella andiamo in giro per il mondo – che è anche un modo per stare insieme, visto che lei è rimasta a vivere a New York – e cerchiamo pezzi unici, ovvero vintage di alta qualità. Poi rimodelliamo gli abiti in base alle ultime tendenze, mantenendo però le stoffe originali. C’è uno studio stilistico sull’abito e la diversità tra me e mia sorella a mio parere dà forza al brand, perché ci permette di mixare due diversi tipi di femminilità.
E invece la tua nuova carriera di attrice?
Ho il mio primo film da protagonista in uscita il 22 maggio! Sono davvero entusiasta: ci saranno due prime, una a Roma e una a Milano. Si tratta di un piccolo film, realizzato dalla regista Mirca Viola, che si intitola Cam Girl e parla del fenomeno sociale super attuale delle ragazze che si prostituiscono online. E’ una storia di donne, che affrontano la crisi economica e decidono di fare la cam girl per motivi diversi, ma sempre di fondo per guadagnare soldi. In passato invece ho lavorato con Roberto De Paolis nel corto Alice, presentato al Festival del Cinema di Venezia, con Edoardo Leo in Buongiorno papà e con Massimiliano Bruno a teatro.
Tornando a parlare di moda… Hai un tuo look preferito?
Dipende dalla giornata. A volte mi sento più principessina, altre cattiva ragazza. In realtà gioco molto con gli abiti. Non ho uno stile specifico, ma se dovessi indossare un look senza stare a pensarci troppo direi semplice: boots, jeans e un bel cappotto. Rigorosamente vintage!
C’è qualcosa che invece non indosseresti mai?
Sto pensando… Io in realtà metto davvero tutto: dalle camicie del mio fidanzato, ai vestiti sexy, agli shorts, alle gonne lunghe… Forse ho qualche remora sulle calze: o niente o nere coprenti.
C’è un personaggio del passato o del presente al quale ti ispiri per il tuo stile?
Io adoro Monica Vitti. Non solo come attrice, ma anche per lo stile: dal modo in cui porta i capelli a quello in cui si veste. Anche nei suoi film ha sempre indossato dei look straordinari. E poi è simpatica, bella, ironica e allo stesso tempo molto drammatica…
E per la recitazione? Sempre lei?
Ho portato a teatro un monologo di Monica Vitti e ho avuto la fortuna per Icon Magazine di interpretare dieci pagine ispirate a lei… Quindi sì, l’adoro da tutti i punti di vista.
Un’ultima domanda: meglio modella o attrice?
Attrice (sorride, ndr). Per come sono fatta io sicuramente attrice. E’ un altro tipo di percorso. Certo, mi fanno anche piacere quelle giornate in cui vai sul set per fare un servizio fotografico e giochi a essere una principessa, una bambola, ma fare l’attrice, studiare per diventarlo, è una grande fortuna e una grande gioia. Mi dà sempre tantissimo: sia che faccia una provino sia che reciti al cinema o in teatro. Mi riempie. E credo che dia molto più spessore a una donna, soprattutto quando cresce: una donna di spessore è sempre interessante, la bellezza invece passa…
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