Dopo il colpo di scena dello scorso marzo, quando il sostituto procuratore generale Gaetano Santamaria Amato aveva chiesto l’assoluzione di Domenico Dolce e Stefano Gabbana dall’accusa di evesione fiscale “perché il fatto non sussiste“, non c’è stata invece nessuna sorpresa nel verdetto emesso oggi dai giudici della Corte d’Appello di Milano nei confronti degli stilisti: i due infatti sono stati condannati a 1 anno e 6 mesi di carcere.
“CHIUSO PER INDIGNAZIONE”: I NEGOZI D&G PROTESTANO A MILANO
Una conferma dell’anno e 8 mesi della sentenza di primo grado (sospesa), con uno sconto di pena minimo perché una parte dei reati contestati sono andati prescritti, che di fatto riconosce Dolce e Gabbana colpevoli di omessa dichiarazione dei redditi e conferma la tesi della Procura meneghina, secondo cui la Gado, la realtà lussemburghese alla quale gli stilisti hanno venduto i marchi Dolce & Gabbana e D&G nel 2004, è una società esterovestita, ovvero creata ad hoc proprio ai fini di evadere il fisco.
D&G NON CI STANNO: “400 MILIONI DI MULTA? CHIUDIAMO”
“Sono allibito. Una sentenza che lascia senza parole“, ha commentato a caldo in Aula il legale degli stilisti, Massimo Dinoia, che ha poi anticipato l’intenzione di ricorrere in Cassazione: “Faremo ricorso, del resto già la Procura generale aveva capito che non c’era proprio niente“, ha detto infatti, facendo riferimento alla richiesta di assoluzione formulata dal pg Gaetano Santamaria Amato.
La vicenda dunque è destinata a tenere ancora banco, anche se senza dubbio la conferma della condanna in appello è un nuovo colpo all’immagine di Domenico Dolce e Stefano Gabbana e dei loro marchi, già messa duramente alla prova dal verdetto di primo grado di giugno 2013 e da tutta la successiva querelle con il Comune di Milano, con la serrata dei negozi della maison “per indignazione“ a seguito delle parole al vetriolo dell’assessore alle Attività produttive Franco D’Alfonso (“Non abbiamo bisogno di farci rappresentare da evasori fiscali“, aveva detto in risposta all’invito a rilanciare il settore moda rivolto alla città dal sindaco Giuliano Pisapia).
In attesa di conoscere le motivazioni della condanna (che saranno rese note tra 60 giorni) e il verdetto della Cassazione, confermate con un sconto di due mesi anche le condanne per gli altri imputati coinvolti, ovvero i tre amministratori della Gado, Alfonso Dolce, Cristiana Ruella e Giuseppe Minoni (1 anno e 4 mesi), e il commercialista Luciano Patelli (1 anno e 6 mesi).
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