Londra rende omaggio ad Alexander McQueen con una gran gala al Victoria and Albert Museum dove è stata allestita la mostra Savage Beauty dedicata allo stilista. L’esposizione (nella capitale britannica fino al 2 agosto) approda a Londra dopo il grande successo riscosso a New York. L’evento celebra e ricorda la star incontrastata della moda inglese, morta suicida nel 2010. All’evento era presente la crème del fashion system tra modelli e personaggi ma la regina della serata è stata lei, Kate Moss, in un abito McQueen total black in pizzo e trasparenze. E proprio in questi giorni di fermento per l’inaugurazione della mostra, un libro racconta la storia del designer.
In Gods and Kings, Dana Thomas mette nero su bianco un saggio-inchiesta sulla vicenda personale e professionale di Alexander McQueen creando un mondo parallelo con la storia di John Galliano. Due stilisti e due vicende diversi ma due uomini accomunati da molti particolari come un’infanzia e un’adolescenza difficili, un’estrazione sociale popolare e spesso violenta, come i segni del bullismo portati addosso per via della loro omosessualità. Entrambi hanno stampato un biglietto per l’inferno ma uno soltanto è tornato indetro. È di questo che vuole parlare Dana Thomas: a John Galliano è stata offerta una seconda chance, una “riabilitazione”, un riscatto. McQueen non si è concesso questo tempo e si è impiccato l’11 febbraio del 2010. Nessuno, allora, riuscì ad andare oltre le frasi di circostanza, nessuno forse ebbe il coraggio di ammettere che un lavoro che portava McQueen a oltre 30 progetti all’anno fra collezioni e lanci era difficile da reggere. Sarà stato per questo che McQueen ha cercato rifugio nei viaggi “artificiali”.
La Thomas, poi, lancia spunti di riflessione a partire da alcune dichiarazioni. Come quella di Antoine Arnault, figlio di Bernard, patron del gruppo LVMH, ora direttore generale di Berluti e presidente di Loro Piana: “Non c’è spazio per l’arte nella moda oggi. Se (gli stilisti) avessero voluto essere degli artisti, avrebbero dipinto o scolpito. Invece, creano abiti e borse e prodotti fatti per essere venduti in grandi quantità”. Nicolas Ghesquière, ora direttore creativo di Louis Vuitton, non riuscì a trattenersi: “C’è gente con cui ho lavorato che non capirà mai che non creiamo yogurt o mobili”. Nessuno vuole ergersi a giudice e giustiziere ma non si può non riflettere rileggendo, una pagina dopo l’altra, la vicenda di McQueen: un mondo come quello della moda fatto di artigianalità, amore per il bello, geni e maestri dovrebbe camminare a testa alta come le modelle in passerella e non piegarsi a riempire soltanto “vasetti di yogurt” e “cassetti nei mobili”.
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