Oggi, giovedì 28 gennaio, va in onda su Sky Uno la settima puntata della quinta edizione di Masterchef. Dopo aver intervistato Sabina Babura e Beatrice Ronconi, tocca a Luigi Muraro, eliminato nello scorso appuntamento. Luigi ha studiato Design della comunicazione per tre anni a Treviso, poi si è trasferito a Milano per lavorare come graphic designer e studiare per diventare Art Director. “Eh sì, sto intraprendendo il percorso da Art Director ufficialmente da due settimane e mi ha sempre affascinato il mondo della comunicazione e della pubblicità – ci ha confidato – Così come la cucina, che però è un ambiente tosto in cui ci vuole carattere e preparazione. Io purtroppo ho delle lacune da colmare e spero di farlo migliorando e continuando a studiare da autodidatta. Nel frattempo continuo il mio percorso nel design. Ho fatto il liceo scientifico, ma ho sempre amato disegnare. E’ sempre stata una vocazione. Preferisco le immagini ai testi. Un film ad un libro. Di questi tempi poi la grafica può avere diverse sfaccettature ed infatti vorrei spaziare dal punto di vista lavorativo facendo magari anche il videomaker“.
Com’è andata questa esperienza a Masterchef?
Sono molto contento di ciò che ho vissuto… Tra l’altro due volte! Le registrazioni sono avvenute tempo fa, così l’ho vissuta la prima volta dal vivo e poi da casa guardando le puntate. Effettivamente lì per lì non pensavo di aver meritato l’eliminazione, poi però vedendo la gara mi sono ricreduto (ride, ndr)! Ho voluto partecipare a Masterchef perché convinto delle mie doti culinarie, tuttavia è sempre stata una semplice passione. Volevo capire se c’era la possibilità di trasformare questo hobby in un lavoro vero e proprio. Al momento resta una passione perché devo ancora imparare tanto e migliorare. Tra l’altro mi sono iscritto ad un master da Art Director al Politecnico di Milano e quindi non posso mollare così gli studi su due piedi.
Cosa accomuna design e cucina?
Sicuramente l’estetica ed è proprio il fattore che mi ha contraddistinto a Masterchef. Ho sempre cercato di fare un buon piatto che si potesse mangiare prima con gli occhi e che poi potesse avere un riscontro positivo anche all’assaggio. A volte non ci sono riuscito ed infatti devo lavorare sulla sostanza. Chi mangia deve avere prima piacere dell’aspetto visivo e poi essere catturato dal racconto. I miei piatti sono ordinati e disordinati allo stesso tempo. Dove c’è disordine, infatti, ci può essere un grande equilibrio.
A proposito di disordine a Masterchef hai preso un bel rimprovero da Bruno Barbieri per quanto riguarda i tuoi capelli…
Per me si trattava di un ambiente nuovo, diverso dalla cucina di casa mia. I miei capelli sono lunghi e spettinati, così ho il vizio di toccarli spesso per rimetterli in ordine. In cucina serve igiene e pulizia e per questo motivo Barbieri mi ha dato una bella strigliata (ride, ndr)! In ogni caso poi ho indossato una fascetta senza problemi, anche perché è stata una bella opportunità per distinguermi dagli altri. La bandana è diventata un vero e proprio simbolo. La indossavo anche prima e la porto tuttora. E’ un accessorio che uso anche fuori dalla cucina. Ho una collezione di 15 bandane circa con annessi abbinamenti da fare al look. Tengo molto agli outfit, anche perché, come dicevo prima, l’occhio vuole sempre la sua parte.
Sei uno di quelli fissati con il look?
Beh, oddio fissato proprio no, però ci tengo al look. Indosso spesso felpe con cappuccio, jeans e Vans. E’ il mio codice personale. Lo stile che rappresenta anche la mia personalità. Metto sempre un mio tocco negli outfit. Difficilmente mi potrete vedere in giacca e cravatta.
Secondo te il look conta anche in cucina?
Masterchef è un contesto particolare perché ci sono le telecamere ed è importante il modo in cui ti presenti. In un ambiente professionale invece si pensa a tutt’altro, anche perché ci sono dei veri e propri codici. Basti pensare alle scarpe antinfortunistiche… Lì il design c’entra ben poco (ride, ndr)! Però si può anche rivoluzionare tutto. Per esempio Maurizio (Rosazza Prin, ndr) e Andrea (Marconetti, ndr) della seconda edizione di Masterchef (rispettivamente secondo e terzo classificato, ndr) hanno dato vita ad una linea di abbigliamento proprio per chef di cui fanno parte anche giacche dalle fantasie particolari. Sicuramente se avessi un ristorante non vestirei mai con una divisa bianca o nera, ma preferirei qualcosa di più colorato con una camicia dal risvolto camouflage anche in un luogo così rigoroso. Mi piace provocare ed esagerare con vestiti che non c’entrano niente in un determinato contesto.
Fra i tuoi rivali chi aveva il look migliore?
Io, ovviamente!
Tutti quelli che abbiamo intervistato rispondono così…
Perché non sono stati sinceri, sennò avrebbero fatto il mio nome (ride, ndr)! A parte gli scherzi nessuno di noi era interessato al look perché pensavamo tutti a cucinare, spadellare e correre in dispensa a prendere il necessario per portare a termine i piatti. Per esempio sarebbe un suicidio mettere un tacco 12 o un vestito elegante! Comunque fra tutti direi che Silvie (Rondeau, ndr) aveva lo stile migliore. Forse perché lavora nel campo della moda o perché ha un certo fascino ed una classe innata anche grazie alle sue origini francesi. Indossava pizzi e merletti che la rendevano raffinata.
E chi aveva il look peggiore?
Non vorrei dire cattiverie, ma Jacopo (Maraldi, ndr). Aveva questi pantaloncini corti che mostravano le sue cosce pelose e che proprio non si potevano vedere in televisione a dicembre. Capisco che le registrazioni sono state fatte a luglio, in ogni caso io ho preferito dei pantaloni più decorosi.
Per il tuo futuro lavorativo cosa speri?
Di vincere il Voiello Master of Pasta per aprire così una parentesi lunga in cucina e comunque continuare nel mondo della comunicazione almeno per un paio d’anni. Per il futuro si vedrà. Magari mettendo da parte qualche soldo con i miei risparmi potrei aprire un ristorante, anche se al momento non ho ancora le competenze giuste. Se dovessi riuscirci sicuramente sarà un ambiente moderno con cibo che possa appagare il corpo ed anche la mente. Un posto in cui unire cucina, arte e musica. Insomma, che mi rispecchi al cento per cento!
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