Guido Lembo, musicista, cantante, showman, artista poliedrico, da 50 anni icona della vita caprese, titolare di “Anema e Core”, la taverna più famosa al mondo, si racconta in un’intervista esclusiva.
Il 13 agosto 2015 ha festeggiato i Suoi 50 anni di carriera alla Certosa di San Giacomo a Capri con un grande evento tra musica e danza, cosa vogliono dire per Lei ben cinquant’anni di carriera?
Non pensavo che potessi arrivarci, ho sempre pensato che il mio lavoro è così bello ma che non sarebbe durato tanti anni, invece sono arrivato a 50 anni di carriera e non me ne sono accorto.
I ricordi più significativi di questo percorso?
Sono tanti. Uno dei ricordi più vividi in me è il mio esordio. Iniziai a 16 anni, mi ero diplomato e avevo un gran desiderio di girare il mondo e una grande voglia di musica. Andai a Londra perché amavo i Beatles, che erano un fenomeno che stava nascendo in quegli anni. Mi vestivo come loro, mi tagliavo i capelli come loro, ero un loro fan… da lì è partito tutto il mio percorso.
Come nasce la passione per la musica?
Io sono nato a Capri. Mio padre proviene da una famiglia di pescatori, noi siamo nati in mezzo al sale, alle reti, ma noi figli abbiamo tutti intrapreso la carriera della musica. Io e i miei fratelli, tutti chitarristi, abbiamo suonato per tanti anni insieme in un altro locale che si chiamava “Il Guarracino”, poi ci fu una separazione, perché, a loro dire, io andavo troppo oltre per i tempi di allora, ad esempio facevo salire le persone sui tavoli a ballare… sto parlando di 40 anni fa e questo era considerato troppo. Nel 1994 aprii “Anema e Core” e così è iniziato tutto.
La taverna “Anema e Core” è considerata un simbolo, un riferimento importante della vita mondana caprese, ma non solo, anche internazionale. Lei è cosciente di essere diventato un’icona del lifestyle?
In un certo senso sì, perché chi frequentava Capri agli inizi degli anni 70 sa che all’epoca esisteva solo il tipico piano bar, il night club, poi, con “Anema e Core”, è nato un fenomeno che ha cambiato completamente la vita by night caprese. In seguito molti hanno seguito questa scia. All’epoca i gruppi musicali si erano dispersi, le discoteche erano discoteche e basta, invece con “Anema e Core” c’è stato un ritorno al gruppo base di musica dal vivo, che ha ripreso e ravvivato anche la tradizione, creando un punto di congiuntura importante tra passato e presente. È nato un altro modo di vivere la notte.
Quindi, a Suo avviso, ha anche un ruolo sociale molto forte?
Decisamente sì! Posso dire che “Anema e Core” è stato il primo locale di aggregazione. È difficile trovare un luogo che riunisca persone di 80 anni e ragazzi di 20, per me questo risvolto sociale è stato una grande vittoria. Un altro aspetto per me molto importante è che nel mio locale non esistono distinzioni sociali, non vi sono barriere tra ricchi e poveri, al tavolo del marchese può esservi anche il marinaio. Per me dev’essere un locale senza barriere sociali.
Quale crede sia stato l’elemento vincente?
La semplicità, a cui sono arrivato senza fare il minimo sforzo, mi è venuto naturale, forse perché proprio per carattere sono così, per me è tutto alla luce del sole, non vi sono artifizi. Un altro aspetto importante è che, contrariamente ad altri gestori di locali, con i quali è quasi sempre impossibile riuscire a parlare, io sono invece sempre presente, disponibile e attento ad ascoltare le esigenze di tutti. Credo che un locale che è sempre così pieno debba avere un punto di riferimento, è fondamentale.
Che cos’è la musica per Lei?
La musica per me è tutto. Ho trascorso un periodo molto brutto della mia vita, nel quale mi sono trovato a combattere contro un cancro. In quei momenti la chitarra è stata sempre con me e suonare è stato un modo per dimenticare i guai, per costruire qualcosa di bello, belle canzoni…
Lei ha rivisitato il repertorio classico napoletano in una chiave personalissima, se dovesse definire come?
La prima riflessione da cui sono partito è come mai noi nel mondo si suona la bossa nova e tanti altri ritmi e non si suonano le canzoni napoletane, sebbene abbiamo melodie così belle. In realtà vi è stato un miscuglio, di cantanti, di generi, chi ha fatto bene, tipo Roberto Murolo, chi ha fatto male, ma, se si pensa ad una canzone come Luna Rossa, ad esempio, suonandola con un ritmo, la gente balla, perché la melodia è bellissima, non esistono melodie più belle di quelle napoletane. Io ho cercato di velocizzare e ritmare tutto ciò che era melodia napoletana e di rendere così fruibile anche ai giovanissimi lo straordinario retaggio della tradizione. Spero che, dopo di me, qualcuno continui nella stessa direzione, perché la canzone napoletana è un patrimonio artistico inestimabile.
Quindi un trait d’union tra passato e presente?
Indubbiamente. L’integrazione tra passato e presente è rappresentata bene anche dall’arredamento della taverna. I tavolacci in legno “francescani” creano un senso di accoglienza e di calore che ricorda il passato. Al tempo stesso, la melodia rivisitata in chiave moderna non stride con l’ambiente, anzi si fonde con esso, accordandovisi in maniera perfetta.
Ritornando ai 50 anni di carriera, qual è la parola simbolo di questo tracciato storico?
Io direi 50 anni al servizio del pubblico.
Un messaggio conclusivo…
Il messaggio conclusivo è rivolto al mio pubblico: vi amo!
Photo Credits: Ufficio Stampa Guido Lembo