Il tartan, tessuto e motivo che ha fatto la storia della moda, ha una lunga tradizione alle spalle. Questa settimana se ne occupa la rubrica Chicche di stile.
Questa settimana il focus di Chicche di stile dopo il pied-de-poule (LEGGI ANCHE CHICCHE DI STILE: IL PIED-DE-POULE) e il baby doll (LEGGI ANCHE CHICCHE DI STILE: IL BABY DOLL) si concentra su un tessuto che ha vissuto e vive tuttora grandi momenti nelle fasi della moda e che si traduce in diversi capi d’abbigliamento, ognuno dei quali legato a un’epoca (gli anni ’70, gli anni ’90 e anche i nostri anni ’10): il tartan. Tartan deriva dal francese Tiretain, che probabilmente deriva a sua volta dal verbo Tirer, che fa riferimento alla particolare tessitura. Quello che vediamo sotto forma di camicia legata in vita negli ultimi post delle fashion blogger ha in realtà una lunga storia e cultura.
Che cos’è il tartan? Il tartan è un disegno dei tessuti in lana delle Highland scozzesi. Un esempio lampante è il kilt, il tipico gonnellino in tartan, che in Scozia indossano gli uomini e che ha dato via alla tradizione “globalizzata” della gonna scozzese sui toni del rosso, bianco e nero. Come si realizza questo tessuto? Il tartan è ottenuto con fili di colori diversi che si ripetono con uno schema definito chiamato sett, che è uguale sia per l’ordito che per la trama. Le combinazioni di colore si ripetono in riquadri verticali e orizzontali che, nell’intreccio, fanno apparire una sorta di colore nuovo derivato dal mix dei singoli. Il tartan, oltre che per gli indumenti, è spesso utilizzato per produrre le coperte (i classici plaid).
L’origine del tartan è antichissima e non si riesce a risalire all’anno esatto: sappiamo però che esisteva dal Medioevo mentre nel XVI secolo il tartan scozzese diventa un simbolo di identità nazionale. In Scozia esistevano addirittura i clan tartan, ovvero le famiglie legate a un particolare tartan per forme e colori; la tradizione si è poi diffusa ad altri gruppi o istituzioni come gruppi religiosi, sportivi, compagnie commerciali, città o gruppi di danza.
Incredibilmente, il kilt non fu inventato da uno scozzese ma da un tedesco, un imprenditore di nome Thomas Rawlinson trapiantato nelle Highlands e innamorato di questo particolare tessuto. L’origine è curiosa: all’inizio del ‘700, guardando gli operai che abbattevano gli alberi per fornire la legna alla sua fornace di Inverness, l’uomo d’affari pensò a modificare l’abbigliamento per renderlo meno ingombrante. I lavoratori più poveri portavano un plaid legato in vita per scaldarsi: Rawlinson pensò di trasformarlo in gonnellino, in modo che fosse più strutturato.
Fu la regina Vittoria a rendere il tessuto una moda di lusso, sfoggiandolo nelle uscite col marito. Poi, dopo la Seconda Guerra Mondiale, il tartan entrò nel mondo della moda e cominciarono a indossarlo alcune star come Audrey Hepburn e Brigitte Bardot. Negli anni ’70 diventò simbolo dei look preppy mentre negli ’80 vennero diffusi i pantaloni e negli anni ’90 si legò alle correnti rivoluzionarie del punk e del grunge come capo di abbigliamento rebel: ci avete mai fatto caso che spesso i punk indossano gonnelline scozzesi?
Negli ultimi anni il capo più trendy è la camicia tartan (detta anche “da boscaiolo” che crossa sia l’universo must-have delle fashion blogger che quello hipster). Alla settimana della moda di Milano a settembre 2015 Chiara Biasi si è presentata con shorts minuscoli e una camicia tartan lunga legata in vita.
Photo Credits Pinterest, Twitter
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