C’è un motivo ben preciso dietro alle strategie di marketing dell’azienda e ha a che fare con il funzionamento del nostro cervello.
Ci sono alcuni meccanismi di funzionamento del nostro cervello che vengono spesso sfruttati dagli esperti di marketing per elaborare strategie aziendali. Uno di questi è l’effetto IKEA, una parte super interessante del nostro funzionamento psicologico, che ha implicazioni di ogni tipo.
Questo concetto prende il nome dal produttore e rivenditore svedese IKEA, che vende principalmente prodotti che in qualche modo richiedono l’assemblaggio (e ottime polpette di carne). Chiunque abbia mai acquistato un oggetto da questo tipo di rivenditori avrà notato qualcosa di fastidiosamente soddisfacente nell’assemblare un articolo IKEA. Anche quando resta una vite misteriosa o si monta una gamba del tavolo al contrario, si resta comunque affascinati dall’idea di aver creato qualcosa che poi potremo utilizzare.
L’idea alla base dell’effetto IKEA è molto semplice: le persone che si impegnano volontariamente in un grande sforzo per ottenere qualcosa saranno più felici rispetto a chi lo ottiene facilmente. L’origine di questo principio, in realtà, non si deve ad Ikea ma ad un’altra azienda.
Negli anni ’50, secondo alcune ricostruzioni, l’azienda alimentare americana General Mills voleva idee su come vendere di più il suo marchio di preparati per torte Betty Crocker. Così incaricarono il famoso psicologo Ernest Dichter, noto come il “padre della ricerca motivazionale”, di occuparsene.
Dichter condusse dei focus group e, studiando successivamente i dati raccolti, consigliò all’azienda di modificare la ricetta. Sostituì le uova in polvere per la preparazione della torta con l’obbligo di aggiungere uova fresche. Secondo Dichter, i preparati per torte istantanei rendevano la cottura troppo facile. Si sottovalutava il lavoro e l’abilità della persona che faceva la torta.
“Le casalinghe e il pubblico in generale sembrano preferire le uova fresche“, recita il brevetto, “e quindi l’uso di uova essiccate o in polvere rappresenta un certo handicap dal punto di vista psicologico“.
Quasi sette decenni dopo, l’idea di rendere le cose più laboriose per far sì che i consumatori le apprezzino di più è una tattica di marketing consolidata. Far sì che i clienti facciano la maggior parte del lavoro, si sentano bene a riguardo e allo stesso tempo percepiscano di aver ottenuto “un maggior valore per i soldi” è il Santo Graal per le aziende. Ora lo chiamiamo “effetto Ikea”.
L’effetto Ikea è stato nominato per la prima volta in un articolo del 2011 nel “Journal of Consumer Psychology” di Michael Norton, Daniel Mochon e Dan Ariely. I ricercatori hanno scelto questo nome perché i prodotti del produttore svedese richiedono tipicamente un po’ di assemblaggio.
Per confermare empiricamente questo fenomeno e i suoi limiti, hanno condotto esperimenti che coinvolgevano l’assemblaggio di scatole Ikea, la piegatura di origami e la costruzione con Lego.
Due gruppi di persone hanno ricevuto scatole IKEA, con un gruppo che riceveva versioni completamente assemblate e l’altro versioni da montare e istruzioni precise per farlo. Dopodiché, è stata data loro la possibilità di comprare le scatole costruite, facendo un’offerta. In questo modo, i ricercatori hanno potuto notare che il secondo gruppo era disposto a pagare molto di più per la scatola costruita rispetto a coloro che avevano scatole pre-assemblate.
I ricercatori hanno quindi concluso che “lo sforzo e l’impegno possono essere sufficienti a indurre una maggiore affezione per i frutti del proprio lavoro. Anche la costruzione di un comò standardizzato, un compito arduo e solitario, può portare le persone a sovrastimare le loro creazioni (spesso mal costruite)“.
Gli esperimenti hanno anche dimostrato che l’effetto ha dei limiti. Quando i partecipanti hanno impiegato troppo tempo per costruire o smontare le loro creazioni, o non sono riusciti a completare il compito, la loro disponibilità a pagare per l’oggetto è diminuita.
Questo effetto dimostra che incoraggiando le persone a partecipare attivamente allo sviluppo di qualcosa, saranno più inclini a considerarlo prezioso. È anche il motivo per cui le persone fedeli a un prodotto o servizio esitano a cambiarlo, poiché sentono un legame personale o finanziario con esso.
L’effetto IKEA è un fenomeno di notevole rilevanza nel panorama attuale. Stiamo infatti vivendo un’epoca di transizione, dall’era della produzione di massa a un periodo caratterizzato da una maggiore personalizzazione e co-produzione di valore. Questo effetto è sostenuto da diverse possibili spiegazioni che ci aiutano a comprendere il suo funzionamento.
In primo luogo, il senso di soddisfazione e competenza che proviamo quando portiamo a termine con successo un compito contribuisce a potenziare l’effetto IKEA. Quando partecipiamo attivamente alla costruzione o creazione di qualcosa, ottenendo risultati positivi, sviluppiamo una maggiore affinità e apprezzamento per l’oggetto realizzato.
Inoltre, il nostro focus si concentra maggiormente sugli attributi positivi del prodotto quando siamo coinvolti nel processo di realizzazione. Questa attenzione più acuta ci porta a valorizzare maggiormente ciò che abbiamo creato, poiché siamo consapevoli degli sforzi dedicati e delle qualità del risultato.
Un altro elemento chiave è il legame che si sviluppa tra le creazioni personali e la nostra identità personale. Quando contribuiamo attivamente a qualcosa, sentiamo di far parte del processo creativo, il che può generare un senso di connessione emotiva e affettiva con ciò che abbiamo realizzato.
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