Il tonno in scatola è il pesce che più di altri arriva sulle nostre tavole, ma non tutti sanno come ciò accade e perché è importante leggere l’etichetta.
L’invenzione del tonno in scatola ha fatto di questo alimento se non il simbolo, almeno uno dei cibi di massa più pratici e utilizzati nelle cucine. A discapito del pesce stesso e quanto mai oggi dell’ambiente, visto che la pesca massiccia del tonno, contribuisce a mettere a dura prova la conservazione della biodiversità marina.
Comprare del tonno in scatola assicura gusto, velocità e sazietà: tre peculiarità preziose per la vita frenetica di oggi. È inoltre versatile perché lo si può mangiare come meglio si crede: direttamente dalla scatoletta, con la pasta, con il riso, in insalata e persino sottoforma di polpetta. Ma soprattutto è un alimento ricco di Omega 3, grassi polinsaturi con proprietà antinfiammatorie, antiossidanti e metaboliche.
Per quanto sia un alimento facilmente reperibile sugli scaffali dei supermercati, il tonno in scatola comincia a diventare decisamente insostenibile.
Forse è arrivato il momento di domandarsi da dove proviene, come viene pescato e dare un’occhiata anche all’etichetta per iniziare a fare una scelta più consapevole quando decidiamo gli ingredienti del menù del nostro pranzo e della nostra cena. Non solo per la Terra, ma anche per la nostra salute. Perché che ci piaccia o no, le due cose sono collegate.
L’ Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile parla chiaro anche in fatto di pesca. Al punto numero 14 infatti indica un obiettivo importante: conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine. Cosa che non ci sta riuscendo al meglio: basti pensare alla recente decisione del Giappone di sversare in mare l’acqua radioattiva del disastro nucleare di Fukushima di 12 anni fa.
A parte questo i numeri parlano chiaro: la quota globale delle risorse ittiche in condizione di sostenibilità si è abbassata dal 90% del 1975 al 67% del 2015. E il tonno è uno dei protagonisti, ma meglio dire vittima di questo scempio.
Un primo passo per raggiungere l’obiettivo fissato dall’Agenda 2023 è quello di praticare una pesca sostenibile: ciò non vuol dire rinunciare totalmente al pesce, ma lasciarne nei mari un numero che rispetti gli habitat e allo stesso tempo assicurare alle persone che dipendono dall’economia della pesca, la continuazione di questo mezzo di sussistenza.
Le specie di tonno più diffuse sono quello a pinna gialla e il tonnetto striato. Il tonno rosso del Mediterraneo è invece molto pregiato perché è diventato rarissimo e viene pescato con una pratica che solleva molte domande.
La pesca del tonno in generale è una pratica comune in tutto il Mediterraneo. Il tonno è un pesce pelagico dal corpo robusto e può arrivare a pesare anche 6-700 Kg, motivo per cui la sua cattura non è sempre così semplice. Per di più sfreccia fino a 70 Km/h e si ciba di piccoli pesci, calamari e crostacei.
Il tonno in genere viene pescato con la tecnica della pesca a traina, a drifting e spinning. Il tonno rosso accennato prima invece viene catturato con la rete a strascico, con l’amo o attraverso delle trappole fisse posizionate vicino alla costa. Tuttavia, più del 90% viene pescato con pescherecci industriali e potenti che utilizzano la “sciabica”, una gigantesca rete calata ad arco che può coprire fino a 20 ettari in mare. È un metodo che “svuota” letteralmente l’ambiente marino, danneggiando diverse specie come le tartarughe, gli squali, i cetacei.
A fare da scudo ci pensano le associazioni ambientaliste che cercano di garantire la sostenibilità del mare, creando marchi, classifiche ma che non sempre sono chiare ai consumatori, perché non sempre brillano di trasparenza.
Per esempio, Greenpeace, con la campagna Tonno in trappola, da anni si batte per mettere luce sull’industria del tonno, aggiornando periodicamente la classifica dei marchi più venduti in Italia, stilata in base a criteri di sostenibilità. L’associazione ambientalista mette a proprio giudizio le informazioni in etichetta, la trasparenza della filiera e l’impegno che i fornitori attivano per impiegare metodi di pesca poco invasivi.
Ma cosa possiamo fare noi consumatori? Innanzitutto, imparare a leggere le etichette, che non è cosa da poco. Ci accorgeremo che c’è un dato specifico chiamato FAO. Si tratta di un codice numerico che ci indica da quale area geografica proviene quel tonno. Esso si trova vicino alla data di scadenza ed è molto importante per conoscere non solo la sua sostenibilità, ma anche la sua qualità.
La norma europea, tra l’altro, prevede che insieme al lotto di provenienza e il tipo di pesce, bisogna anche indicare obbligatoriamente come viene pescato il pesce in questione.
Le aere geografiche stabilite dall’ Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura sono diverse:
È importante distinguere le varie zone di pesca anche per scoprire se esse sono particolarmente inquinate o meno. Imparare a leggere il codice FAO è importante dunque prima di tutto per la propria salute, e se associato alla dicitura FAD si può capire quanto noi stiamo facendo anche per la salute della Terra.
Per FAD si intende Fishing Aggregative Devices, ossia i metodi di pesca intensivi e aggressivi che vanno a discapito della sostenibilità. Essi mettono a rischio lo stesso tonno a pinna gialla che poi noi andiamo a mangiare.
Anche per questo motivo, soprattutto per alimenti di massa come il tonno, è importantissimo fare attenzione alla sua sostenibilità, se vogliamo continuare ad averlo sulle nostre tavole.
Se invece si vuole fare di più, si può optare per i prodotti pescati all’amo, metodo che viene utilizzato soprattutto per il tonnetto striato e allo stesso tempo capire, tramite il codice FAO che abbiamo elencato sopra, da dove proviene. È importante infatti avere un prodotto di qualità e per ottenerlo dobbiamo fare ulteriori sforzi che mirano ad una pesca più consapevole e meno distruttiva.
È bene evidenziare che alcune zone sono meglio da evitare come l’Oceano Atlantico e l’Oceano Indiano. Meglio e più sicure le FAO 37 perché sono quelle del nostro Mar Mediterraneo o quello vicino dell’Oceano Atlantico nord-orientale.
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