L’ictus è una delle malattie più pericolose per l’uomo: in questo modo si può diagnosticare con largo anticipo
L’ictus rappresenta una delle emergenze mediche più gravi e temute, caratterizzata da un’improvvisa interruzione dell’afflusso di sangue al cervello.
Questo evento critico porta a una carenza di ossigeno e nutrienti essenziali, causando la morte del tessuto cerebrale coinvolto. La gravità della situazione è amplificata dal fatto che l’ictus può colpire improvvisamente, lasciando poco tempo per interventi efficaci.
Esistono due principali tipologie di ictus: ischemico ed emorragico. L’ictus ischemico, il più comune tra i due, si verifica a causa del restringimento o dell’occlusione completa di un vaso arterioso cerebrale. Al contrario, l’ictus emorragico è causato dalla rottura di un’arteria cerebrale e spesso risulta essere il più pericoloso dei due a causa dei danni irreversibili provocati dalla pressione del sangue fuoriuscito sul tessuto cerebrale.
Riconoscere tempestivamente i sintomi dell’ictus può fare la differenza tra la vita e la morte o l’affrontare conseguenze gravemente invalidanti. I segni possono variare da perdita di forza o sensibilità in un arto a sintomi più gravi come difficoltà nel parlare, confusione mentale, visione doppia o mal di testa intenso. Le conseguenze a lungo termine includono paralisi, dolore cronico, problemi cognitivi e comportamentali.
Il nuovo test diagnostico per individuare l’ictus prima del tempo
Recentemente gli scienziati del Brigham and Women’s Hospital hanno sviluppato un innovativo test per diagnosticare con precisione gli ictus da occlusione dei grandi vasi sanguigni. Questo nuovo metodo combina biomarcatori basati sul sangue con punteggi clinici per identificare rapidamente i pazienti che necessitano di trattamenti salvavita come la trombectomia meccanica.
Il team guidato dal dottor Joshua Bernstock ha focalizzato la sua ricerca su due proteine specifiche presenti nel sangue capillare: GFAP (proteina acida fibrillare gliale) associata ad emorragie cerebrali e D-dimero. Combinando i livelli di questi biomarcatori con i dati FAST-ED (Field Assessment Stroke Triage for Emergency Destination), sono stati in grado di identificare gli ictus da occlusione dei grandi vasi con una specificità del 93% e una sensibilità dell’81% entro sei ore dall’insorgenza dei sintomi.
Questo studio apre nuove prospettive soprattutto nei Paesi a basso e medio reddito dove le tecnologie avanzate non sono sempre disponibili. Inoltre, si sta valutando l’utilizzo futuro del test direttamente sul campo, ad esempio nelle ambulanze, per accelerare ulteriormente il processo decisionale clinico in situazioni critiche. Si tratta di un passaggio fondamentale verso trattamenti più rapidi ed efficaci che potrebbero salvare molte vite umane riducendo significativamente le disabilità permanenti associate a questa condizione devastante.