Carenza di Vitamina D, un problema sottovalutato: cosa fare per integrarla e quando può diventare davvero un problema
La vitamina D, spesso sottovalutata nella sua importanza, svolge un ruolo cruciale per il benessere dell’organismo. Nonostante la sua denominazione, non si tratta propriamente di una vitamina ma di un pro-ormone liposolubile essenziale per la salute delle ossa, il sistema immunitario e la prevenzione delle infiammazioni.
La sua produzione avviene principalmente attraverso l’esposizione della pelle ai raggi ultravioletti del sole, ma può anche essere assunta tramite l’alimentazione.
Esistono due tipi principali di vitamina D: la vitamina D2 (ergocalciferolo), prodotta dalle piante, e la vitamina D3 (colecalciferolo), sintetizzata dall’organismo umano in risposta all’esposizione solare. Entrambe le forme sono fondamentali per garantire ossa forti e favorire l’assorbimento del calcio e del fosfato nell’intestino, oltre al riassorbimento del calcio a livello renale.
L’insufficienza di vitamina D si verifica quando i livelli nel sangue scendono al di sotto dei 20 nanogrammi per millilitro, mentre si parla di carenza vera e propria quando questi valori sono inferiori a 10-12 nanogrammi. I sintomi possono includere stanchezza generale, debolezza muscolare, dolori ossei e un tono dell’umore particolarmente basso. È importante riconoscere questi segnali precocemente per intervenire con adeguati supplementi dietetici o modifiche dello stile di vita.
Recenti studi hanno evidenziato come una carenza prolungata possa influenzare negativamente anche la forza muscolare, aumentando il rischio di cadute nelle persone anziane. L’integrazione alimentare con vitamina D può quindi rappresentare una strategia efficace per ottimizzare la massa muscolare ed evitare fratture accidentali.
La carenza prolungata è stata associata ad un aumento del rischio in diverse condizioni patologiche gravi come malattie respiratorie infettive stagionali, sindromi demenziali inclusa quella di Alzheimer e vari tipi tumori. Sebbene esista questa correlazione epidemiologica significativa tra bassi livelli sierici della sostanza ed alcune patologie croniche degenerative o autoimmuni; è ancora oggetto d’indagine se tale associazione implichi una relazione causale diretta o meno.
Una carenza non influisce solo sulla salute interna ma ha ripercussioni anche estetiche: pelle opaca con tendenza all’invecchiamento precoce come rughe sottili più marcate o secchezze cutanee possono essere segni evidenti da non sottovalutare.
Particolari categorie a rischio come gli anziani oltre i 65 anni d’età, donne in postmenopausa affette da osteoporosi o individui che trascorrono poco tempo all’esterno dovrebbero considerare seriamente l’integrazione sistematica tutto l’anno per prevenire cadute accidentali o fratture ossee non vertebrali.
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