Alberto Moro “Vi racconto l’umanità di Tokyo” [ESCLUSIVA]

Alla Corte dei Miracoli di Milano sarà esposta fino al 4 dicembre la mostra fotografica Gente di Tokyo, dedicata a una serie di ritratti umani immortalati nella megalopoli giapponese. Abbiamo intervistato il fotografo Alberto Moro, che ci ha raccontato di aver trovato in questa rassegna di volti un’eccezionale varietà umana.

D: Come mai questa mostra? Qual è l’idea alla base?

R: L’idea era quella di raccontare l’aspetto umano di Tokyo, che è sconosciuto a chi non l’ha visitata e magari pensa che sia una brutta copia di Blade Runner. La mostra è nata per caso: avevo organizzato un viaggio apposta per fare delle foto in Giappone. Al rientro, dopo aver visionato le immagini e notando che c’erano molti volti, è nata l’idea con una galleria di realizzare una mostra specificamente incentrata sull’umanità della città. Non ho scattato foto in base alla mostra, quindi; è stata un’idea emotiva, inconsciamente ho privilegiato l’aspetto umano. Alcuni sono scatti rubati, altre sono persone a cui ho chiesto di fare una foto.

Qual è l’anima di Tokyo? E chi è la “gente di Tokyo”?

La gente di Tokyo è esattamente il contrario dello stereotipo del giapponese e del fatto che siano tutti uguali. I volti non si assomigliano ma neanche i look, l’aspetto esteriore. Ho cercato il più possibile di fotografare gente non in posa; nei giovani in particolare ho notato un desiderio di creare e inventare le mode, a prescindere dalle grandi firme. Il mondo giovanile è il tempio dell’espressione del look, che spesso si riferisce a stilemi occidentali. Quello che colpisce di più, comunque, è la grande varietà dei soggetti e un’umanità curiosa, interessata. Non ci si sente mai a disagio a rapportarsi con loro, c’è sempre grande rispetto.

La mostra è piena di volti, volti “diversamente tokyani”: cosa cercava in questi volti?

La scelta dei volti è stata casuale. Nella mostra ci sono soggetti vestiti in modo tradizionali e soggetti fuori dagli schemi. Io cerco due cose nelle mie fotografie: l’autenticità e la bellezza. Attraverso gli scatti ho raccontato una sorta di bellezza, che non è un elemento tangibile e standardizzato. Ognuno racconta nella propria umanità la propria bellezza

 Tokyo è una città in bianco e nero o a colori?

Io fondamentalmente la vedo in bianco e nero perché comunque da fotografo mi piace rappresentarla in bianco e nero. Con così tante persone, secondo me, il colore distrae. Volevo concentrarmi sui volumi.

Una megalopoli come Tokyo può essere il paradosso del “rifugio a cielo aperto” ? C’è qualcosa che per ognuno è familiare in un’area urbana così gigantesca?

È una città senza pericoli. I pericoli che di solito si percepiscono nelle grandi metropoli non ci sono. Le donne possono viaggiare di notte sui mezzi pubblici. La città dà sicurezza, dà la percezione che le cose funzionino, anche se sei straniero e giri da solo.

Quanto Occidente c’è in Tokyo? Quanto dovrebbe essercene?

A Tokyo c’è molto Occidente nell’aspetto esteriore. Nell’ambito dell’anima, invece, l’Occidente lascia il posto all’Oriente. Superata la patina esteriore, il Giappone risulta un paese che a volte viene interpretato attraverso una visione occidentale ma è e rimane profondamente giapponese per approccio alla vita, organizzazione sociale, visione della collettività.

In un’immagine della mostra vediamo una ragazza di etnia asiatica con trecce, giacca pied-de-poule e piercing, in un’altra un’altra ragazza in caschetto biondo platino. Questa fusione di stili coglie in qualche modo l’anima della città?

Questo è un concetto molto importante che non sempre viene colto: noi giudichiamo determinate cose attraverso una coerenza sul fatto che le cose debbano sposarsi bene insieme. In Giappone non è strano che di fianco a un tempio ci sia una sala da gioco di pachinko, che non ha nulla di spirituale. È naturale che ci siano delle contraddizioni: si mischia l’antico al moderno ma senza l’idea manichea che le cose debbano essere divise, è un po’ tutto mescolato insieme. Per apprezzare il Giappone bisogna avere un occhio allenato per coglierne le sfumature:

Che evoluzione le sembra più plausibile per Tokyo, dal punto di vista dei suoi abitanti (o non-abitanti)?

Tokyo è un esempio di una città diffusa, una città allargata con numeri anche spaventosi di abitanti. Ma è una città che funziona. La mia visione è che è una città che ha una densità di popolazione importante e potrebbe essere un punto di riferimento su come una città possa includere un così grande numero di persone senza arrivare a implodere, grazie alla tecnologia che dovrà sposarsi con la vivibilità.

Ha un posto preferito a Tokyo? Qual è?

Ne posso segnalare due. Il primo è il Museo Nezu, che non ha a che fare con la mostra ma può essere un piccolo paradiso a Tokyo. La sua particolarità è il giardino, che è visitabile in ogni periodo dell’anno e ha una natura molto varia. È un’oasi dove si sente una natura viva in una città così caotica. Lo consiglio a chi cerca un momento spirituale tra un quartiere e l’altro. Poi consiglio anche la zona Golden Gai, nel quartiere Shinjuku, che consiste in una serie di via con tanti piccoli locali dove tutti sono molto vicini, stanno al bancone, bevono saké. Qui c’è un luogo che ci chiama Kodoji, un locale frequentatissimo dai fotografi giapponesi, anche i più famosi. È un posto nascosto ma molto bello anche per la vita notturna, dove si respira la storia della fotografia.

gente di tokyo
Gente di Tokyo
Gente di Tokyo
Kodoji

Si ringrazia Alberto Moro per la gentile intervista concessa