Se camminando per le strade della vostra città vi siete imbattuti in una ragazza mascherata da Barbie e l’avete liquidata come l’ennesima fashion victim in cerca di pubblicità, avete preso un grosso granchio. Dietro alla faccia di cartone della bambola più famosa del mondo c’è infatti Clizia Incorvaia, unconventional fashion blogger che attraverso la perfezione finta e standardizzata di Barbie vuole comunicare alle donne esattamente il messaggio opposto: “Siete belle perché siete uniche“. Siciliana doc di Vigata (“il paese di Camilleri“), con un passato da modella e da “stagista intellettuale” di Piero Chiambretti e un presente tra moda, cinema e tv, Clizia con il suo blog Il Punto C racconta il mondo del fashion, ma anche – soprattutto – un modo di vivere oltre le apparenze, libero, ironico, intelligente. “Il mio ideale di donna è così“, ci ha detto, raccontandoci con grande naturalezza, senza filtri, di lei, del suo rapporto con la moda, dei progetti per il futuro e dei sogni… Una ragazza con i piedi per terra, l’amica con la quale parlare di tutto, che prepara i vestiti sul letto al fidanzato (per la cronaca, il cantante Francesco Sarcina: leggi la notizia su Velvet Gossip e l’intervista su Velvet Music), “perché mi diverto“, e si immagina non uno, ma ben due abiti da sposa…
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Ciao Clizia! Il tuo blog Il Punto C è davvero unico nel suo genere: ci racconti come è nato?
La moda è sempre stata nelle mie corde: a sei anni immaginavo le magliette Clizia anziché Krizia, disegnavo abiti, spulciavo negli armadi della nonna in cerca di abiti e accessori vintage per creare look improbabili. A darmi l’idea de Il Punto C però è stato un grandissimo amico, Elio Fiorucci. Lui mi presentava sempre come fashion blogger e quando gli ho fatto notare che in realtà non lo ero, mi ha detto: “Ma scusa, perché non lo diventi?“. E così eccomi qui.
Con un progetto decisamente originale: qual è la filosofia che c’è dietro a Il Punto C?
Ho voluto dare un’alternativa diversa. Quando ho aperto il blog, l’anno scorso a fine maggio, ce n’erano già tanti, e osservando quelli italiani ho notato che erano molto autoreferenziali, con ragazze carine che si fotografavano indossando vestiti griffati. Un blog di moda invece secondo me deve dare consigli, sperimentare, essere creativo, mettere insieme pezzi diversi. Magari poi il risultato è di quelli che non indosseresti mai, ma ti dà delle idee da copiare. Insomma deve dare una percezione artistica. Così, in questa società popolata da bambole, tutte simili tra di loro e immagine di una bellezza classica e standardizzata, ho deciso di indossare anch’io la maschera della donna perfetta per antonomasia, creandone una di cartone con il volto di Barbie, e mi sono messa a esplorare la moda e le capitali. Infatti uno dei miei primi post è stato quello a Madrid, tra le prostitute in Calle Montera, con un abito vintage tutto a fiori, molto forte…
Quindi il tuo blog ti impegna molto?
Adesso da gioco è diventato altro, però l’aspetto del gioco c’è sempre, perché quello che voglio comunicare alle donne con il mio blog è di essere ironiche, prendersi poco sul serio, sperimentare la vita, esplorare la moda e divertirsi. E soprattutto essere uniche. “Siete belle perché siete diverse, non perché siete omologate“: è questo il messaggio che voglio trasmettere.
A proposito di ironia, immaginiamo che anche il nome abbia un significato (o più d’uno) particolare…
Sì (ride, ndr)! Venendo dalla scuola di Chiambretti mi piaceva che si prestasse a un doppio senso. Il Punto C è “il punto di vista di Clizia“, ma anche un invito rivolto alle donne a trovare il loro punto C, ovvero il loro punto di forza, quello che le contraddistingue e le rende uniche. Il loro “punto cool“.
Com’è stata la risposta del pubblico a questo modo ironico e irriverente di parlare di moda?
La risposta è stata positiva. In molti hanno colto l’aspetto giocoso e quando ho portato in giro la mia Barbie durante la Vogue Fashion Night Out in tanti hanno voluto fotografarsi con lei. Il fatto di essere una bella ragazza ma di non stare sempre lì a spararmi le pose alla Zoolander, di non mostrarmi per fare passare invece un altro messaggio è stato apprezzato e mi fa molto piacere. Perché la gente è un po’ stufa, per cui questo modo di giocare con l’immagine è piaciuto. Poi, per carità, c’è anche chi non ha colto il messaggio, ma sono una minoranza.
Al di là dell’aspetto giocoso, i tuoi post sono sempre molto ben fatti e danno consigli preziosi: tu hai fatto degli studi specifici?
Io mi sono laureata in Scienze della Comunicazione alla Cattolica, quindi in realtà no. Direi piuttosto che è una passione, nata guardando certe vecchie pellicole con Kim Novak, Jane Fonda, Audrey Hepburn… A piedi nudi nel parco è uno dei miei film preferiti… La mia cultura nell’ambito della moda nasce dall’amore per il passato: i film e l’antiquariato, una cosa che mi piace da quando ero piccola. Poi divoravo le riviste di mia mamma: lei leggeva Moda di Vittorio Corona e io gliela rubavo.
Tu hai anche una tua linea di abbigliamento, che hai creato con la tua amica Lola Ponce, Girls Speak: ce ne parli?
Sì, è una linea che fin dal nome, Girls Speak, le ragazze che parlano, ribadisce il messaggio di una donna forte, emancipata, sicurà di sè, che è poi quello che voglio far passare dal blog. Nella nostra prima collezione abbiamo estremizzato il concetto di metrosexual, con l’immagine di un uomo con il tacco a spillo fucsia e con il rossetto: le t-shirt sono andate molto bene, erano molto anni ’80, un po’ da pubblico del Plastic. Adesso che lei è diventata mamma e io sono stata impegnata in altri progetti, ci siamo un po’ fermate. Però ci sono state fatte delle offerte e stiamo valutando se far entrare un altro socio e produrre altre cose che avevamo già in cantiere, come giubbini, vestiti, gonne.
Nel 2009 hai condotto il programma di moda Glamour shots su Sky Cinema: ti vedremo di nuovo in tv a parlare di fashion e dintorni?
Me lo auguro, perché è un’espressione libera di una parte della mia anima. Mi diverte tantissimo parlare di moda. Infatti quando non lo faccio in tv o con il mio blog lo faccio con i miei amici e il mio ragazzo. A lui preparo i vestiti sul letto, gli faccio gli outfit: faccio come mia nonna con mio nonno (ride, ndr)! Battute a parte, ci sono dei progetti… Ad aprile, maggio ci saranno delle novità…
A proposito di progetti, tu hai anche lavorato come attrice con Checco Zalone nel film Sole a catinelle e poi con Paolo Genovese in Tutta colpa di Freud: continuerai o sono state esperienze a sè?
Ho fatto questi due provini e sono entrata alla fine, quando il cast era al completo: è stato un grande onore e una grande fortuna, perché comunque c’è gente che studia da tutta una vita e io facco recitazione neanche da un anno. Comunque sì, sto lavorando anche su questo fronte… O tv o cinema, qualcosa arriverà. Io credo che, come per ogni cosa, per fare la differenza devi essere preparato. A maggior ragione nel momento storico, economico, sociale e culturale che stiamo vivendo: bisogna essere flessibili, tenersi aperti, avere più strade da poter percorrere.
E l’attività da modella?
Anche quella è una cosa iniziata per gioco, l’ho fatta mentre frequentavo l’Università. C’era un mio amico di Agrigento che voleva fare il fotografo di moda e mi ha fatto degli scatti che ha presentato a un’agenzia dove poi è stato assunto. A quel punto anch’io ho utilizzato il book e sono entrata in una piccola agenzia, che mi ha fatto subito iniziare a lavorare: lo spot per la Puma con Buffon, la campagna Carrera Jeans, la pubblicità Mikado… Alternavo momenti in cui ero out perché studiavo e preparavo gli esami ad altri in cui facevo casting. Comunque è una fase del passato: adesso magari se come personaggio televisivo mi viene prospettato di fare un catalogo piuttosto che una campagna lo valuto, ma non faccio più casting.
Nel tuo blog interpreti tanti stili e tanti look diversi: tu ne hai uno preferito?
Sì, io sul mio blog gioco tanto, perché mi piace sperimentare, però il look che mi rassicura è quello con un occhio al passato. Poi vado un po’ a momenti: ultimamente ho provate le tute lunghe, outfit ispirati agli anni ’80… Ah, ci deve essere sempre qualcosa di rosa. Il rosa è il mio modo di filtrare la vita, mi dà ottimismo e mi fa sentire femminile. Qualche pezzo preso dai mercatini e gli accessori. Ho miliardi di cerchietti…
C’è qualcosa che invece non indosseresti mai?
Abolite assolutamente le calze color carne (ride, ndr). Puoi essere la donna più sexy dell’universo, ma diventi incatalogabile. Pinze e pinzette. E poi i piumini. In assoluto quello super imbottito.
Per te la moda è…
Gioco!
C’è qualcosa che vuoi dire alle cosiddette ‘fashion victim’, pronte a tutto – a volte anche troppo – pur di seguire stili e tendenze?
Rubo una frase di Coco Chanel, che diceva: “Per essere alla moda devi essere fuori moda“. Quando un capo è troppo alla moda, significa che è inflazionato e che è una tendenza già superata. Devi essere tu a lanciare la moda. Quindi dico: “Dovete essere voi la moda. Non seguirla in maniera pedissequa, da scolaretta“. La vera fashion icon è quella che fa i trend, come Olivia Palermo oppure Anna Dello Russo.
Un’ultima domanda… Come lo immagini – se lo immagini – il tuo abito da sposa?
In realtà ne immagino due (ride di gusto, ndr)! Uno semplice, con corpetto e gonna di tulle che poi finita la cerimonia diventa una mini, tipo tutù da ballerina, e un altro un po’ da ‘fricchettona’, tipo quello di Kate Moss. Dipende anche da dove mi sposerò e dalla mia percezione del momento. Ad ogni modo voglio disegnarlo io. Vedremo…