Il freddo è arrivato e – si sa – un evergreen dell’inverno è il piumino Moncler che, nonostante i suoi prezzi vertiginosi, di anno in anno continua ad andare a ruba. Ma l‘inchiesta di Sabrina Giannini mandata in onda da Report ieri sera – 2 novembre – ha svelato alcuni lati oscuri del brand di Remo Ruffini che potrebbero sconvolgere i piani annuali dell’azienda, e che hanno già indignato il popolo della Rete.
Il primo punto affrontato dall’inchiesta di Report riguarda proprio le piume d’oca, la caratteristica primaria dei giubbotti Moncler: secondo la Giannini, l’azienda non utilizzerebbe solo il piumaggio pregiato delle oche (non abbastanza sufficiente), ma anche quello delle anatre e di altri uccelli con le piume, la cui qualità è nettamente inferiore. Sabrina Giannini, con alcune telecamere, si è recata negli allevamenti ungheresi – paese dove si trova il maggior numero di oche – per mostrare a tutti cosa avviene.
Secondo la normativa europea, le piume d’oca dovrebbero essere raccolte con una tecnica indolore per l’animale, chiamata pettinatura; in realtà, però, non tutti rispettano questa legge: le piume vengono anche strappate con conseguenti lacerazioni, ricucite senza precauzioni di alcun tipo con ago e filo. Non solo: non appena le piume ricrescono vengono strappate di nuovo, come se questo non avesse alcuna conseguenza per le oche. Insomma, dalle immagini mostrate da Report, ciò che sembra contare è solo la realizzazione e il commercio dei piumini.
E le piume illegalmente strappate non possono essere tracciate? È proprio questo il secondo retroscena che l’inchiesta di Report ha portato alla luce: una volta uscito dagli allevamenti il piumaggio non è in alcun modo rintracciabile e nessuno, acquistando un Moncler, saprà mai da dove provengono e – soprattutto – con quale tecnica sono state raccolte le piume che riempiono la giacca acquistata.
Da quanto rivelato da Sabrina Giannini, poi, tutte le piume per la produzione dei Moncler vengono assemblate nell’Europa dell’Est e in particolare in Romania; i terzisti ricevono – oltre al piumaggio – le stoffe, i bottoni, le zip, i loghi originali e per ogni capo terminato ricevono un compenso che oscilla tra i 30 e i 45 euro. Stiamo parlando di capi che nei negozi vengono venduti a prezzi da capogiro (dai 700 ai 1300 euro).
Insomma, l’inchiesta di Report non ci è andata leggera, ma l’azienda prova a difendersi così: “Moncler utilizza solo piuma di alta qualità, acquistata da fornitori obbligati contrattualmente a garantire il rispetto dei principi a tutela degli animali, come riportato dal nostro Codice Etico, al punto 6.4 – e aggiunge – l’associazione del nome Moncler a pratiche illegali e vietate dal nostro Codice Etico, è impropria. I nostri fornitori di piuma sono tutti basati in Italia, Francia e Nord America“.
Chi ha ragione e chi ha torto? Ciò che è certo è che sulle pagine Facebook e Twitter di Moncler i cybernauti non hanno risparmiato i loro duri commenti e questo potrebbe avere forti ripercussioni sulle vendite dei piumini tanto “cari”.
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